Quante volte discutendo di musica con amici vi siete ritrovati in una zuffa a gridare “c’è musica bella e musica brutta!”, e quante volte fermi ad un semaforo, mentre ascoltate i Van der Graaf Generator, avete compatito il proprietario della macchina accanto che sta ascoltando Gigi d’Alessio?

Bene, questo è proprio quello che è successo a me! E siccome sono notoriamente una persona nervosa che riesce ad arrabbiarsi per nulla o quasi, sono tornato a casa infuriato e disperato e ho cercato di capire perché io ascolto progressive di una band che forse non si fila nessuno (fortunatamente so che non è così) e certa gente ascolta volentieri – si lo so, normalmente non lo si farebbe nemmeno sotto tortura – Gigi d’Alessio.

 

Per giudicare o valutare qualunque tipo di musica esistono due strade, da una parte il giudizio sensibile o esteticoche poggia sull’impressione, sulla sensazione che oppone alla musica un giudizio; esso può formarsi nella totale assenza di espressioni, può riassumersi in un’unica parola: “buono” o “cattivo” ,”che bello” o “che brutto”. Dall’altra ilgiudizio cognitivo, esso cerca di rintracciare le ragioni, il perché qualcosa piace o non piace o, estremizzando, i motivi del buono o del cattivo.

Queste due metodi di giudizio, sensibile e cognitivo, si relazionano tra loro in maniera del tutto variabile: la facoltà di comprensione e valutazione cognitiva di un ascoltatore profano può essere solo pochissimo sviluppata, mentre nell’intenditore queste due istanze interagiscono. Dobbiamo però ammettere che, essendo la musica “creata” per la ricezione sensibile, in via di principio il primato spetterebbe al giudizio sensibile, e che dunque, quello cognitivo può tutt’al più spiegare quello sensibile, ma anche soccorrerlo, stimolarlo o addirittura modificarlo.

Il giudizio sia sensibile che cognitivo, sulla buona o cattiva qualità di una musica, dipende da molti presupposti, che possono distinguersi in soggettivi (anche storicamente determinati) ed oggettivi (presenti nella musica stessa).

 

Soggettivo è il gusto, che tuttavia ha sempre anche motivi oggettivi: disposizione, esperienza, formazione musicale, ma anche età, abitudini e, perché no, amicizie. Il giudizio di gusto, cioè che dice: “buono” o “cattivo”, può essere modificato sul piano dei suoi motivi oggettivi. In tal modo, la barriera che ostacola la recessione della musica rock o classica, può essere ridotta se non azzerata attraverso l’abitudine (assiduo ascolto) e la comprensione cognitiva. Questo è per intenderci quel tipo di giudizio che considera un brano dei Pink Floyd inferiore ad un concerto di Chopin, ponendo le due opere in una interrelazione di confronto; tale giudizio può modificarsi non appena l’ascoltatore abbandoni quel punto di vista comparativo e cambiando il proprio atteggiamento ricettivo verso il genere musicale di turno, assuma atteggiamenti e criteri critici capaci di distinguere in base alla funzione, al periodo etc… Per lui esisteranno allora brani di musica rock buoni e cattivi, così come esiste la buona e cattiva musica classica.

 

Le condizioni oggettive da cui dipende il giudizio di buono o cattivo in musica risiedono, a prima vista, nella musica stessa. Esse sono identificabili per mezzo di un’analisi volta alla ricerca della qualità e del valore della musica. Qui il genere musicale, ha un ruolo fondamentale. Nella musica “leggera”, che come musica composta vuole essere indipendente dalle regole, l’analisi musicale deve prescindere dalle strutture formali (cosa che non accade per la musica classica rigida e zeppa di regole) e dalle collocazioni funzionali per dedicarsi totalmente all’oggetto musicale in quanto oggetto parte di un universo estetico a sé stante. In tal modo si può giungere ad un giudizio che tenga conto della novità ed originalità, della poliedricità ma anche della possibilità di comprendere senso e contenuto.

 

La comprensione e valutazione della musica è comunque soggetta a limiti. In primis la bellezza della musica, in particolare della melodia, è analizzabile solo in parte, cioè per come “l’analista musicale” ha recepito il valore del brano analizzato (generalmente in precedenza) e lo ha già presupposto e messo in conto nel corso del suo lavoro.In secundis, la comprensione e valutazione estetica precede quasi sempre quella cognitiva. Quanto più articolato e denso di significati è un fenomeno musicale, tanto più complesso e vario è il modo in cui reagisce ad esso la comprensione estetica, che non può essere mai raggiunta totalmente. In tertiis ci manca per la valutazione della musica un “orecchio super partes” capace di porsi senza preconcetti, cioè senza dati già precedentemente acquisiti, che rendono impossibile un giudizio neutro.

Ho capito allora che sbagliavo a pensare che esiste buona e cattiva musica e visto che mi sentivo ben disposto verso chi ascolta “musica” diversa dalla mia, sono ritornato al semaforo nella speranza di incontrare di nuovo il fan di d’Alessio, l’ho trovato al semaforo e forte di questa mio ragionamento, ho scoperto che lo compativo ancora… avevano proprio ragione i latini: de gustibus non disputandum est!

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