Il fresco vento alza la polvere. E' mezzanotte. Nel buio, il vento, il canto dei grilli e il cigolio di un vecchio cartello stradale. Oltre, solo silenzio. Un uomo vestito di nero attende al centro di un incrocio.

Da qualche parte nel Mississippi, non ha importanza dove di preciso. Un incrocio che è l'incontro , unico, tra due strade. L'una proviene dall'oscurità e all'oscurità è diretta. L'altra, proviene dal nulla e conduce alla storia. L'uomo in nero viene dalla strada oscura, e ora attende. Dall'altra strada, l'incerto incedere dei passi di un ragazzino, solo, con la sua chitarra. Si chiama Robert.

E' uno sfortunato giovane afroamericano, senza alcun talento, pieno di vizi: donne, sigarette, alcohol.

I due si incontrano. Poche parole. Una stretta di mano, a sigillo di un patto. Poi, ognuno per la sua strada.

L'uomo in nero era un angelo, l'angelo ribelle, e ha donato il talento a Robert. Il Blues.

Robert Johnson ha dovuto in cambio rendere l'anima al Diavolo.

 

Alcuni, tra cui lo stesso Johnson, hanno sempre sostenuto che ci fosse proprio il Diavolo ad attenderlo al centro di quell'incrocio.

Altri, forse più realisti, sostengono si trattasse invece di un misterioso bluesman di nome Ike Zinneman, oscuro personaggio di cui non si sa nulla se non che solesse aggirarsi a suonare la sua musica tra le tombe dei cimiteri del paese.

 

A volte non importa sapere se sia storia, mito o leggenda.

Perchè è storia, è mito, è leggenda. E' tutte e tre. Perchè Robert Johnson è tutte e tre.

Il Bluesman per eccellenza, citato come ispirazione primaria da tutti i più grandi esponenti della Musica del Diavolo, nella sua breve vita (saldò il suo debito con il Demonio o, alcuni narrano, con un marito geloso, a soli 27 anni) ha scritto pochissimi brani. 29 per l'esattezza, incisi in presa diretta in 5 sessioni di registrazione, tra San Antonio (1936) e Dallas (1937) in Texas.

 

La sua tecnica chitarristica, ineguagliata nella storia, lo ha consacrato come uno dei più grandi musicisti di sempre. Il suo è ancor'oggi uno dei migliori esempi di fingerpicking di cui si abbia testimonianza.

I suoi testi anticipatori di tutti i tempi, fanno di lui il Baudelaire della musica popolare: mefitiche visioni e disgusto esistenziale, demoni, vizi, donne, alcohol: esaltazione dell'arte (il blues, si intende) come unico mezzo di espiazione e redenzione dall'umana condizione.

Ma è soprattutto la voce che quella chitarra accompagnava a rendere unica l'arte di Robert Johnson. E' sofferenza, è lamento, è dolore. E' la sconfitta dell'essere umano che si sfoga e si trasforma in musica. E' Blues. Per dirlo con le parole di Eric Clapton: “ La sua musica rimane il pianto più straziante che penso si possa riscontrare nella voce umana.”

 

Clapton è solo uno dei discepoli di Robert Johnson (Basti pensare che uno dei maggiori successi dei sui Cream, Crossroads, è proprio una cover di Johnson, e che da solista abbia registrato ben due LP di tributo al bluesman nero). Dai suoi coevi, ai bluesmen a lui posteriori. Da Muddy Waters a Howlin' Wolf, da RL Burnside a Big Joe Williams. Ma non solo. Dai Led Zeppelin (Traveling Riverside Blues) ai Red Hot Chilli Peppers (They're Red Hot), dai White Stripes (Stop Breaking Down) ai Rolling Stones (Love in Vain), sino a Bob Dylan, tutti gli artisti Rock e Blues devono qualcosa a quel misterioso incontro che avvenne nell'oscurità di una notte di circa cent'anni fa.

E devono molto, se non tutto.

 

Ma ora spegnete le luci, immergetevi nel silenzio e alzate solo il volume dello stereo.

Ascoltate bene, perché tutto ebbe inizio da lì, da quelle vecchie incisioni.

Signore e signori, aprite le orecchie e l'anima al dolore di Robert Leroy Johnson.

1) Ramblin' on My Mind

Lenta e incalzante insieme. Ipnotica. Il paradigma Johnsoniano. Come si fa a credere che ci fosse solo un uomo dietro quel microfono, in quella stanza d'albergo adibita a studio di registrazione? Ancora oggi, nonostante ne sia passata di storia, nonostante la musica si sia evoluta esponenzialmente, nonostante ne siano passati di virtuosi della chitarra, non si può restare impassibili a quelle note. Solo un altro eccelso come Eric Clapton è riuscito in varie occasioni a riproporla senza sfigurare dinnanzi al maestro.

La canzone è un Inno al Vagabondaggio, fisico e mentale. All'instabilità, all'impossibilità di raggiungere un equilibrio da parte del giovane Robert di fronte alle difficoltà della vita.

 

“I got mean things, I got mean things all on my mind

Little girl, little girl, I got mean things all on my mind

Hate to leave you here, babe, but you treats me so unkind”

 

2) Cross Road Blues

Resa celebre dall'interpretazione live dei Cream, contenuta nel disco Wheels of Fire, è di certo uno dei brani più conosciuti di Johnson, complici anche le altre numerose cover proposte dai più svariati artisti nel corso dei decenni.

La formula è quella. La straziante e soffocante voce accompagnata da intrecci chitarristici che hanno posto le basi della tecnica dello strumento.

E' un metaforico racconto in cui il protagonista, perduto ad un incrocio, cerca qualcuno che lo aiuti, che sia Dio o un passante, ma si ritrova solo nel suo dolore, senza nemmeno una donna ad alleviare la sua pena.

 

“And I went to the crossroad, mama, I looked east and west

I went to the crossroad, baby, I looked east and west

Lord, I didn't have no sweet woman, ooh well, babe, in my distress”

3) If I Had Possession Over Judgment Day

Crudele e spietato lamento d'amore, che musicalmente non si discosta molto dalle tracce fin'ora analizzate. Una poesia apocalittica fuori dagli schemi, fuori da ogni canone morale, eccessiva, irrispettosa, profana. In una parola, Blues.

L'autore immagina di avere il controllo sul Giorno del Giudizio, e di utilizzare questo potere per vendicarsi brutalmente dei torti subiti, anche sulla donna amata.

 

“Well, now run here baby, get down on bended knee.

Lord, now run here baby, get down on bended knee.

I wanna tell you all about the way they treated me.”

 

4) Me and The Devil

Le pene d'Amore, tema centrale e onnipresente nella musica di ogni buon Bluesman che si rispetti, fanno da pretesto per uno dei pezzi più oscuri della produzione del Nostro. Un sincopato racconto di un incontro con Satana: rivoluzionario per i tempi, controcorrente, insofferente alla morale pubblica. Perché il Blues è la musica del Diavolo, e del Re del male, Robert Johnson è l'Alfiere prediletto. Evidente l'allusione tra il fantastico e l'autobiografico a ciò che di misterioso e indelebile nella storia avvenne quella notte, a quell'incrocio.

E noi dal canto nostro non possiamo non rimanere affascinati dall'immagine di Satana che bussa alla porta di Robert, e camminando fianco a fianco, lo conduce sul sentiero che porta alla disfatta per le spoglie mortali del musicista, ma alla Libertà per il suo maledetto spirito.

 

“You may bury my body, down by the highway side

(Baby, I don't care where you bury my body when I'm dead and gone)

You may bury my body, ooh, down by the highway side

So my old evil spirit, can catch a Greyhound bus and ride”

5) Love in Vain Blues

E' uno struggente lamento d'amore, in cui Robert canta del dolore provato dinnanzi alla dipartita della persona amata. Anche questo capolavoro è stato reinterpretato da decine di artisti. Il caso più celebre è quello della Love in Vain presente in Let It Bleed, album capolavoro dei Rolling Stones, che la ripropongono qui in una bellissima ed emozionante veste acustica.

 

“When the train rolled up to the station

I looked her in the eye

When the train rolled up to the station

and I looked her in the eye

Well, I was lonesome, I felt so lonesome

and I could not help but cry

All my love's in vain”

 

6) I Believe I'll Dust My Broom

Tutti gli amanti del Blues conoscono la versione, intitolata semplicemente “Dust My Broom”, resa celebre dal Re della Slide Guitar, Elmore James (Apparsa di recente anche nella colonna sonora del film The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, grande appassionato del genere).

La versione di Elmore è tanto famosa da esser spesso erroneamente considerata una sua composizione originale. Ma come per molti degli standard Blues, anche questo incalzante brano è in realtà stato composto e registrato per primo da Robert Johnson.

Ancora una volta il tema centrale è il viaggio, inteso come fuga da un amore finito male.

Probabilmente il leitmotiv “I'll dust my broom”, letteralmente “spolvererò la mia scopa”, è in realtà un'espressione popolare che significa “Sarò pronto ad andarmene”.

 

“And I'm gettin' up in the mornin', I believe I'll dust my broom.

I'm gettin' up in the mornin', I believe I'll dust my broom.

Girlfriend, the black man you been lovin', girlfriend, can get my room.”

LA COVER: The Blues Brothers – Sweet Home Chicago

La famosa canzone interpretata dai fratelli Elwood e Jake Blues (Rispettivamente Dan Aykroyd e John Belushi) e dalla loro Band nel film Cult The Blues Brothers (1980) è un riarrangiamento dell'omonimo brano di Robert Johnson, un inno alla Patria del Blues, Chicago.

 

CURIOSITA': Cos'ha in comune Robert Johnson con Jim Morrison, Janis Joplin, Brian Jones e Jimi Hendrix? I media coniarono per i prematuri decessi di questi grandi artisti degli anni 60' il macabro nome di Club 27, in riferimento alla comune Giovane Età a cui morirono le quattro Icone della Musica Rock.

Col tempo, l'accesso all'oscuro Club è stato esteso a tutti quei grandi musicisti della musica popolare, morti come loro in misteriose condizioni all'età di 27 anni. Tra i casi più recenti possiamo ricordare Kurt Cobain ed Amy Winehouse.

E indovinate chi fu il primo, cronologicamente parlando, membro dell'infausto Club?

Robert Leroy Johnson (8 Maggio 1911 – 16 Agosto 1938).

 

 

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