“I servizi in streaming sono l’ultimo  rantolo disperato di un quasi cadavere”. Così Thom Yorke definisce la nuova frontiera della musica.

Il musicista David Lowery ha pubblicato sul proprio blog i dati dei profitti derivanti dal suo ultimo brano “Low” : ha guadagnato 12,05 $ con 116.260 ascolti su Spotify e 1.59 $ con 152.900 visualizzazioni su You Tube.

I dati sono abbastanza raccapriccianti.

Probabilmente con questi margini di guadagno potrebbero sopravvivere ,facendo musica, solo Yorke, Bellamy e pochi altri.

Contribuisce ad aumentare la polemica l’autorevole “The Guardian” che ha calcolato come Get Lucky dei Daft Punk, ovvero la canzone dell’anno, abbia reso agli autori “solo” 13.000 dollari nonostante sia stata suonata complessivamente ben 104.760.000 volte! La risposta del presidente dell’unione dei discografici mondiali “Ifpi” non si è fatta attendere : << questo è solo l’inizio e presto il modello di business si perfezionerà, il mondo dello streaming lascerà molto indietro quello  dei download>>.  Si prospetta una dura lotta tra i proprietari dei grandi mezzi di comunicazione, le etichette e i vari artisti sui profitti, in particolar modo su quelli derivanti dal web.

La situazione sembra abbastanza grave e priva di rapide soluzioni. Una possibile è quella avanzata da Byrne (Talking Heads), il quale afferma: <<bisognerebbe dare direttamente agli artisti quello che attualmente Spotify, Deezer etc. danno alle etichette e non dovrebbe più esistere un’opzione gratuita per ascoltare musica in cambio di pubblicità>>

L’ottimismo è fondamentale, il futuro è aperto. Ma viene comunque da chiedersi se i Beatles sarebbero esistiti ugualmente guadagnando 0,03 centesimi ad ascolto brano. E’ vero che   sono una realtà di 50 anni fa. Il sound è attuale, la loro genesi no con i “se” non si va avanti, il problema è che allora, per una serie di motivi, si poteva lucrare enormemente sulla musica. Oggi questo non è più vero. L’epoca storica della “musica come business” è stata una parentesi, non una regola. Probabilmente niente più Beatles in futuro, farà musica solo chi se lo potrà permettere. E’ davvero questo quello che ci riserva il futuro? Ci saranno molti giovani che per vivere dovranno lavorare in fabbrica e quindi abbandonare i loro strumenti troppo presto. Non si rischia di sprecare e non valorizzare troppi ipotetici talenti? Forse il talento emerge ed emergerà sempre, soprattutto grazie alla forza di volontà e ai live, che sono una delle principali forme di guadagno per un’artista. Il problema è che senza guadagni certi è più facile che i gruppi si sciolgano. La mancanza di lavoro però paradossalmente in questa fase è un aiuto.

 

Noi siamo speranzosi e affermiamo che la musica è arte e quindi ci saranno sempre dei “Beatles” che la faranno al di la del guadagno. Fare musica è un bisogno personale i soldi vengono poi e i canali per farla sentire sono molti di più di un tempo.

 

Insomma non credo che la mancanza di un guadagno certo sia la motivazione principale per cui non vengano fuori i nuovi “Led Zeppelin” (di certo difficilmente verranno fuori con i talent). L’importante non è lo streaming o il download ma il talento, probabilmente oggi una band rivoluzionaria e sensazionale come i Beatles suonerebbe lo stesso e noi la conosceremmo grazie a You Tube o Spotify.

 

Sarà così o vincerà il proverbio “prendi l’arte e mettila da parte”? … “Get a good job with more pay and you’re ok… Money, it’s a gas” cit.

 

Ai posteri l’ardua sentenza.

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