“Scrivere in inglese è una cosa che ho abbandonato subito in realtà. Avevamo provato a fare dei pezzi tradotti, ci sono anche delle registrazioni di questo, dei pezzi del primo disco già fatti, già registrati, stessa base con la voce cantata sopra in inglese…però buh! Cioè, preferisco andare all’estero, cantare in italiano e che dopo si cerchino loro la roba in italiano”.

Ecco la risposta di Federico Dragogna, chitarra e penna dei Ministri,  ad una domanda sul perché i suoi testi fossero in italiano.

Ho voluto citare proprio loro perché attualmente in tour per le maggiori capitali europee, esempio vivente di come si può cantare in italiano, suonare rock e farsi apprezzare anche all’estero.

Il tema non è semplice, una qualsiasi rock band del nostro paese dovrà scegliere: scrivere i propri testi in inglese o in italiano? Probabilmente da questa scelta dipenderà buona parte  del loro stile e della loro carriera futura.

Cantare in italiano significa mettersi nell’ottica di costruirsi un proprio linguaggio musicale, che non è fatto solo di note ma anche di parole. E allora perché sempre più gruppi, soprattutto in ambito “underground” scelgono l’inglese?

Il rock è nato negli Stati Uniti  questo è un dato di fatto e nella metrica rock  la lingua inglese calza alla perfezione. Di fondo c’è un problema di struttura linguistica dell’italiano. Il rock “tradizionale” è caratterizzato da un tempo in quattro con il rullante su 2 e 4, una struttura fortemente frammentata che si presta a essere adattata a una lingua, come l’inglese, piena di parole tronche e monosillabiche

Spesso siamo tentati di intraprendere la strada più facile ed immediata e  siamo vittime di meccanismi che ci vengono imposti e che noi accogliamo senza batter ciglia. Guardando un po’ più nel profondo delle cose, magari si riescono a cogliere sfumature nuove.

Infatti non è nata per prima la scrittura, è nato prima il linguaggio. Il linguaggio creava le società ed è ancora così, per fortuna. Ma allora perché si ha paura di giocare con la propria lingua che è tanto ricca di sfumature e musicalità? A mio avviso ci sono alcune ragioni individuabili nei nostri usi e costumi.

Abbiamo una sovrastruttura mentale che ci condiziona l’ascolto e anche la nostra cultura popolare e mediatica non è proprio inclinata verso il rock (vedi Sanremo), ma preferisce cose immediate, semplici e direi anche banali che associano la lingua italiana alla classica canzone leggera.

Eppure qualcuno ha tentato di uscire dai canoni e ci è riuscito.  I Litfiba hanno segnato il rock italiano degli anni ’80 e ’90 arrivando a suonare perfino in Australia, Verdena, Afterhours, Marlene Kuntz, Negrita, Subsonica, il fantastico  prog  italiano by  Banco del mutuo soccorso e PFM che superò anche i confini continentali negli anni ‘70, e poi ancora i recenti, sopracitati, Ministri.

Questi gruppi hanno dimostrato che si può  fare rock, cantare in italiano ed essere anche propositivi, interessanti, originali e talvolta proporsi all’estero. Perché ognuno di loro ha trovato la propria formula, il proprio modo di scrivere in italiano ed essere “rock”. La lingua si è fusa con le note, le parole hanno accompagnato riff di chitarra, groove di batteria e assoli di tastiera. Portando ad un risultato che non è solo musica: in tutto questo c’erano i contenuti, il racconto, ciò che si ha da dire, ciò che si vuole davvero trasmettere a chi ti ascolta. La gente ha bisogno di ritrovarsi nelle canzoni, di sentirsi  accumunati dalle stesse emozioni, emozioni che la lingua italiana riesce a veicolare benissimo,  forse meglio dello scontato e talvolta freddo inglese.

Di certo  l’italiano è difficile da ingabbiare in un rock “semplice”, ma  le cose più semplici non è detto che siano anche le migliori (Battiato docet).

Magazine - Other articles

Su questo sito usiamo i cookies. Navigando accetti.