Può succedere. Certo, devi essere fortunato. Ma tanto, tanto fortunato. Tuttavia, ciò non toglie che può succedere.

Che sei un bambino, e la religiosissima e rigidissima famiglia ti costringe ad andare di nuovo ad una di quelle prediche. Sai, quelle dove c'è questo tizio che infiamma le folle parlando di Dio, di Cristo, del Peccato, dell'Anima, della Salvezza, del Paradiso e dell'Inferno.

E tu che puoi fare? Magari ti annoi a morte, magari nemmeno capisci di che diavolo stia parlando quel tizio, ma sei un bambino, ci vai.

E allora è lì che succede.

Quel tizio, questa volta, ha qualcosa di diverso. Per come parla, per come coinvolge gli astanti. Qualcosa, non sai cosa, anche nel suo muoversi. E nella voce. Sì, nella voce.

E tu non riesci a smettere di ascoltarlo, di guardarlo. Il suo magnetico carisma ti ha catturato.

E forse non lo scoprirai mai, o forse solo dopo anni. Ma un tempo quel tizio, quel predicatore, si drogava. Esatto, quel tizio che giudica e condanna, un tempo si dava all'abuso di alcohol e ad orge bisessuali. Sì, lui. Lo vedi, quello che ora canta un Gospel? Un tempo era un Re, e cantava un altro tipo di canzoni. Ora lo chiamano Richard Penniman, un tempo il mondo lo conosceva come Little Richard. E così verrà ricordato nella storia.

 

Perchè lui, Little Richard, era uno dei Re del Rock n' Roll.

 

Su Richard Penniman ne sono state dette, e ce ne sarebbero da dire.Una vita tra eccessi e conversioni, tra il sacro e il profano. Un anno all'apice del successo, l'anno dopo a studiare Teologia in Alabama, per fare il Predicatore, e poi di nuovo nello showbiz, e nel tunnel della cocaina; dischi Rock'n'Roll, poi dischi Gospel, e poi di nuovo Rock'n'Roll.

Una voce unica, calda, scatenata, che ha ispirato i grandi del Rock, ma non solo.L'idolo di Angus Young, ma anche di James Brown. Dall'Hard Rock, al Soul, dal Rap all'R&B. Tutti i musicisti venuti dopo, che lo sappiano o no, sono stati in qualche misura da lui influenzati.

E molti non ne fanno mistero. Da Mick Jagger a Otis Redding, passando per Andrè 3000 degli Outkast, Ray Charles, Bob Dylan e Paul McCartney sino a, non ultimo, Jimi Hendrix. Un elenco che potremmo continuare all'infinito, ma non è necessario.

Proprio Jimi, che ancora giovanissimo e sconosciuto fu membro per qualche mese degli Upsetters, band di supporto del carismatico Cantante, ebbe a dire “Voglio riuscire a fare con la mia chitarra quello che Little Richard fa con la sua voce”. E questo potrebbe bastare a capire la carica e l'energia che quella voce, la sua voce, possiede e trasmette a chi la ascolta.

Richard fu anche rivoluzionario nel suo approccio alle scene. Vestiti sgargianti, trucco sul viso, scatenate esibizioni cariche di pathos ed adrenaliche oltre l'immaginabile, soprattutto per i tempi.

E fu rivoluzionario anche, e forse, permettetemi, soprattutto per l'impatto sociale che ebbe.

Per un Nero, era impensabile in una società ancora ricca di pregiudizi razziali come quella Americana degli anni '50, riuscire a sfondare come fece Little Richard.

Ma lui ci riuscì, ruppe, tra i primi, quel confine tra neri e bianchi, perché agli Show di Little Richard potevano, e volevano, andarci tutti. Uomini e donne, Bianchi e Neri. Tutti.

Si opposero le associazioni razziste bianche prima, che ritenevano improponibile ed indecente quel “mischiarsi di razze” che avveniva nei suoi concerti.

Si opposero i nascenti movimenti Black Power poi, perché era un orgoglio dei Neri, e solo per loro doveva esibirsi.

Ma per lui, bianco o nero, non aveva importanza. Tutti dovevano poter partecipare ai suoi Show, nessuno escluso. E così fu, sempre.

Ma basta parlare, o scrivere. Ce ne sarebbero da dire, è vero. Ma le parole, quando si tratta di certi personaggi, sono sempre relativamente importanti, anzi... diciamolo, spesso superflue.

 

Passiamo a ciò che più importa: il Rock'n'Roll.

Ladies & Gentlemen, alzate il volume, e preparatevi a ballare, ve ne verrà assolutamente voglia.

A-wop-bom-a-loo-mop-a-lomp-bom-bom!

 

 

 

1)Tutti Frutti (1955)

Il primo singolo, nonché il primo successo. In assoluto uno dei Rock'n'Roll più conosciuti, più amati e più ballati della storia. Resa celebre anche dal grande Elvis, scritta (In collaborazone con Dorothy LaBostrie, incaricata di edulcorare la volgare versione iniziale) e consegnata alla storia da Little Richard.

Il primo successo di Penniman, si apre con l'ormai storico e inconfondibile “A-wop-bom-a-loo-mop-a-lomp-bom-bom”, imitazione vocale dell'intro di batteria.

Basso, sax e piano sostengono un Little Richard scatenato, in una delle esibizioni vocali più rivoluzionarie della storia della musica.

Tutti Frutti non vuol dire niente. E' un'espressione presa in prestito dalla nostra lingua, utilizzata dagli americani per riferirsi al gelato alla frutta, per l'esattezza a una sorta di macedonia-gelato. Ossia, nel contesto del pezzo, niente. Un testo gioviale, non impegnato, leggero, in cui Little Richard ci parla di due ragazze da lui amate: Sue, che “sapeva esattamente cosa fare”, e Daisy che “lo faceva impazzire”

 

“I got a gal named Daisy

She almost drives me crazy

I got a gal named Daisy

She almost drives me crazy

She knows how to love me, yes indeed

boy you don't know

What she do to me”

 

Magari non è poetico, magari non è geniale, ma ciò non toglie che sia Rock'n'Roll: la voglia di non pensare a niente, di divertirsi e basta. Ed è bello pensare che, per un ventenne figlio del secondo dopo guerra, questa era la più grande rivoluzione.

 

 

 

2) Long Tall Sally (1956)

Il secondo singolo, il secondo successo. Veloce, trascinante, allegra. Di quei pezzi che basta ascoltarli per essere travolti da una gran voglia di ballare, di divertirsi. Un classico entrato anch'esso nella storia del Rock. Tra le varie cover, la più famosa e importante è sicuramente quella registrata dai Beatles nel '64 e pubblicata sull'omonimo EP. Meno famosa è invece la versione incisa nel medley “Barbara Ann/Long Tall Sally” dai Blind Guardian nel 1996, ma vi assicuro che vale la pena darle un ascolto.

Parla di un infedele zio di nome John che tradisce zia Mary con Sally “la spilungona”, col quale lo zio ama “divertirsi”. E ovviamente, ancora una volta, il testo non ha grandi pretese, se non una: divertire, appunto.

 

“We're gonna have some fun tonight

Have some fun tonight

Everything's all right

Have some fun tonight

Yeah, we'll have some fun

Some fun tonight”

 

3) Lucille (1957)

Composta insieme al grande bluesman Albert Collins, altro grande successo di Penniman. Sull'incalzante giro di basso e sax di matrice boogie-woogie e la parte solista affidata al piano, la protagonista è sempre l'irresistibile voce. Ascoltare per capire ciò che le parole non possono descrivere. Sguainata, a tratti urlata, a tratti soffocata. Unica, e davvero indescribile.

Inutile ripetermi, abbiamo capito che non è per i suoi testi che Little Richard ha fatto la storia.

Ancora una volta un racconto d'amore, sta volta che sfocia in una delusione. Ma su questo ritmo, anche la peggiore delusione viene facile prenderla con leggerezza.

 

“I woke up this morning, Lucille was not in sight.

I asked her friends about her but all their lips were tight.

Lucille, please, come back where you belong.

I been good to you, baby, please, don't leave me alone.”

 

4) Good Golly Miss Molly (1958)

Scritta da tali J.Marascalco e R.Blackwell e interpretata per primo da un sempre più scatenato Little Richard nel '56, ma pubblicata solo due anni dopo, nel periodo tra la sua “prima conversione” (1957) e il suo ritorno sulle scene (1962) . L'intro di piano apre l'ennesimo energico pezzo di matrice boogie-woogie, sostenuto da un giro di basso e sax, al quale è affidato anche l'assolo. Ma tutto passa in secondo piano quando Richard da fiato alle corde vocali. Potrebbe cantare a cappella, non riuscireste a stare fermi, ve lo assicuro!

Perbacco, signora Molly!

 

“When you're rocking and rolling

I can hear your mama call”

 

 

 

5) I Don't Know What You Got (But It's Got Me) (1965)

Scordate quanto detto sin'ora. Abbiamo parlato di testi leggeri al limite del non-sense, musica che passa in secondo piano rispetto alla voce, di divertimento e spensieratezza.

Perchè questo è uno dei suoi pezzi meno conosciuti, ma a parere di scrive uno dei più belli, se non il più bello.

E' l'anima gospel e “soul” (concedetemi il gioco di parole) di Little Richard che viene fuori, sofferta, romantica, calda, sognante. Una canzone d'amore che tocca dritto al cuore. E quella voce sempre scatenata, ora così dolce, è accompagnata da una chitarra dal sound inconfondibile di un ancora sconosciuto Jimi Hendrix agli esordi (probabilmente una delle prime registrazioni esistenti della futura leggenda della sei corde).

Uno degli ultimi brani di un Little Richard al tramonto artistico, ma come un tramonto in riva al mare, di una poeticità spiazzante.

Come si intuisce dal titolo, è una canzone d'amore. Sull'attrazione fatale, su quel tipo d'amore che fa male, ma dal quale non ci si riesce a liberare. Su quell'amore per cui si darebbe tutto pur senza ricevere niente in cambio, senza comprendere nemmeno il perché.

 

“Listen I gave you all the money I had in the bank,

not one time, not one time did you say thanks,

but baby I don't know what you got, honey, I say:

I don't know what you got, sometimes it makes my cry,

I don't know what you got honey I say

I feel sometimes like I'm gonna die,

I don't know what you got, oh baby,

Sometimes it makes me wanna moan,

Sometimes it makes me wanna leave my happy home,

Sometimes I just moan,

Sometimes it make me wanna cry.

I said baby, I said baby: I need you, I know it's not me it's”

 

LA COVER: The Sonics – Jenny, Jenny

Molti artisti, a centinaia, hanno reinterpretato i successi di Richard Penniman, ma nessuno di essi è riuscito a ri-propore una versione che superasse la fama dell'originale.

Ma una cover che a mio avviso vale la pena ascoltare è la “Jenny, Jenny” dei Sonics, padrini del Garage Rock, che nel loro secondo album “Boom” (1966) riproponevano in una dinamitica veste il vecchio brano del Rock'n'Roller, del quale avevano già registrato “Good Golly, Miss Molly” nel loro storico album di debutto “Here Are the Sonics!” (1965).

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