Ritmo tribale, tamburi, pelli, ossa di animali percosse. Urla, danze scatenate attorno ad un fuoco.
Un primitivo rito sociale, o un semplice divertimento.
Da qualche parte in Africa, milioni di anni fa.
Ancora non era Uomo. Ma non era più Scimmia.
Da anni le ricerche non si fermano, come le speculazioni filosofiche. Si cercano prove della sua esistenza, l'ultimo tassello dell'immenso puzzle che è l'evoluzione della specie umana.
Quello dal quale proviene tutta la civiltà, la storia che noi conosciamo, iniziò lì. Quando la ragione prevalse sull'istinto. Non sappiamo niente di lui. L'Anello Mancante, lo chiamano.
Perché la storia è fatta di passaggi, di epoche intermedie più o meno lunghe, che collegano periodi, o ere addirittura, durante le quali grandi cambiamenti, vere e proprie rivoluzioni, consentono alla nostra specie di andare avanti, sempre più in là, chissà verso dove.
Ma torniamo lì. A quei ritmi tribali che, chissà come, sono arrivati ai nostri giorni, forse perché parte nel nostro essere, e gelosamente e fedelmente custoditi nei millenni da popolazioni tribali. Dicono che la Musica sia stata la prime forma d'Arte.
Intelletto, istinto? Anche gli uccellini cantano, in fondo.
Facciamo un salto di qualche milione di anno, e di qualche migliaia di chilometro. Andiamo in America. Non proprio ai giorni nostri, ma qualche decennio prima.
Elias Bates McDaniel è un giovane ragazzo afro-americano, che nei geni conserva ancora le radici tribali più familiari ai popoli del Continente Nero. Si costruisce una chitarra partendo dai pezzi di un vecchio strumento, adattandoli ad un corpo dalla caratteristica forma rettangolare. Come una Cigar Box Guitar, come chiamavano i rurali strumenti usati dai primi, poveri, bluesman. Ma la sua, a differenza delle loro, è elettrica.
Elias la inizia a suonare, e comincia a scrivere pezzi. Sia volutamente o meno, quei ritmi tribali riaffiorano nella sua musica. E si vanno a mischiare ai suoni della sua terra, il blues del Mississippi.
Ma non è tutto. Si proiettano più in là, verso nuovi confini ancora da esplorare, da scoprire, da inventare. Verso il RockNRoll.
Poco dopo, Elias Bates McDaniel cambierà il suo nome in Bo Diddley.
E Bo Diddley ha avuto un ruolo cruciale nella storia della Nostra Musica,.
Egli è il filo conduttore che unisce la storia del sofferto Blues nato tra gli schiavi neri nelle lande bagnate dal Mississippi, a quella dello scatenato RockNRoll, fiorito nelle stesse terre qualche decennio dopo.
Bo Diddley è l'Anello Mancante della Storia del Rock.
Bo Diddley, uno dei personaggi più autorevoli in campo di Blues, ma anche di Rock. Una figura fondamentale per le Radici del Rock, conosciuto anche come “The Originator”, proprio in merito al suo ruolo chiave nell'evoluzione del Blues in RockNRoll.
Ispirato da vere istituzioni quali John Lee Hooker e Muddy Waters, sotto la cui ala protettrice crebbe artisticamente, rimodellò il Blues delle origini stravolgendone la forma ma non l'anima, forgiando da esso una forma primordiale di RockNRoll.
Alchimia, magia, arte. Intelletto, istinto. Non è dato saperlo. Quel che è certo è che le sue intuizioni, le sue creazioni hanno deviato il corso degli eventi.
Non si può non ricordalo anche come maestro assoluto di una tecnica chitarristica che da lui prende il nome: il Bo Diddley Beat, evocatore di un sound caratterizzato da un ritmo tribale, selvaggio, primitivo. Quel ritorno ad origini dimenticate, se non ignote, di cui prima.
La grandezza di Bo Diddley, oltre che nella capacità di dimostrarsi e consegnarsi alla storia come Icona per entrambi i generi, Blues e RockNRoll, sta nell'aver composto veri e propri capolavori, brani che degli annali di quei generi hanno scritto pagine e pagine.
Perché se hai influenzato, per detta degli stessi, gente come Elvis Presley e Buddy Holly, non sei uno qualunque. Se aggiungi che Syd Barret dei Pink Floyd ti cita come sua influenza principale, e che l'anima dei tuoi brani riecheggia nei capolavori di altre Leggende a te debitrici, quali Eric Clapton, Jimi Hendrix, Beatles, Who, Rolling Stones, Clash, Yardbirds, Kinks e Velvet Underground... qualcosa di importante, un segno indelebile, l'hai lasciato.
E questo è vero, questo è storia, non sono supposizioni o speculazioni, se ti chiami Bo Diddley.
Quel che è anche certo è che la parola, comunque sia, è nata dopo. Dopo quei ritmi, dopo il canto stesso probabilmente, che fu istinto ed intelletto insieme.
Ma a volte, l'intelletto è inadatto ad esprimere ciò che solo l'istinto può comprendere.
Basta parlare dunque, torniamo indietro. Milioni di anni, o solo qualche decennio.
Andiamo lì, da qualche parte in Africa, o in un club di Chicago.
Vedrete voi dove verrete trasportati dalla voce e dalla chitarra di Bo Diddley.
1) Bo Diddley (1955)
Ed ecco quella tribalità, quel sound selvaggio e ancestrale di cui accennato. Subito, nel primo singolo: evidente, chiaro, irresistibile. Semplice: voce, chitarra e percussioni.
Ecco il Bo Diddley Beat, che trasforma la chitarra in un'altra percussione, che si aggiunge alla sezione ritmica, che penetra nel sangue e fa vibrare le radici inconsce e primordiali del nostro essere.
Ecco quella strana e alchemica commistione tra Blues e RockNRoll.
Un brano che ha fatto la storia di due generi, tanto da essere stato riproposto tra gli altri, da Buddy Holly che ne fece un fortunato singolo.
Il testo, come spesso vedremo nelle composizioni di Bo, è ironicamente autobiografico: egli racconta in terza persona dei bizzarri regali fatti alla sua donna, prima di essere da lei lasciato per un altro uomo.
“Bo diddley bought his babe a diamond ring,
If that diamond ring don't shine,
He gonna take it to a private eye,
If that private eye can't see
He'd better not take the ring from me”
2) I'm A Man (1955)
Inizialmente B-Sides del brano Bo Diddley, è forse la composizione più conosciuta e importante del chitarrista, nonché uno dei brani più squisitamente Blues della sua produzione.
Un sincopato riff di armonica, tanto semplice quanto d'impatto, che è divenuto paradigma della Musica del Diavolo.
Un classico del Blues, ma non solo, che negli anni è stato interpretato da gente come gli Who e gli Yardbirds, ma anche dal gruppo di musica elettronica Black Strobe, che ne eseguirono una fantastica ed energica reinterpretazione per la colonna sonora del film del regista inglese Guy Ritchie, RockNRolla (2009), divenuta ormai famosa.
Nei versi ritroviamo ancora quell'autobiografica ironia, questa volta sotto forma di un'autocelebrazione della propria maturità. (Come parodistica risposta a questo brano, Muddy Waters compose la sua Mannish Boy, nei crediti della quale appare infatti Diddley).
“I'm a man,
I spell M-A-N, man.
All you pretty women,
Stand in line,
I can make love to you baby,
In an hour's time. ”
3) Pretty Thing (1955)
Se ancora non aveste colto la natura profondamente selvaggia e rude del Bo Diddley Beat, e in generale della 'Bo Diddley music”, questa canzone vi aiuterà di certo a farlo.
Fu composta dal grande Willie Dixon che, come ormai dovreste sapere, è l'autore di molti brani blues portati successo da suoi illustri colleghi, e che inoltre nella band di Diddley fu per lungo tempo bassista.
Da questa canzone prese il nome alla band Garage Rock The Pretty Things e fu registrata, oltre che da questi, anche dai Canned Heat.
Il testo è un semplice e diretto canto d'amore, che rispecchia nella sua immediatezza senza fronzoli la natura della parte strumentale.
“You pretty thing
Let me walk you down the aisle
Darling, where our love is found
Oh you pretty thing”
4) Who Do You Love? (1957)
Questa è invece un esempio limpido del lato RockNRoll dell'artista, nonché della sua abilità di chitarrista. Un'incalzante e sostenuta sezione ritmica fa da base all'intrecciarsi delle dinamiche chitarristiche e vocali dello stesso autore del brano.
Sarebbe inutile e dispersivo elencarne tutte le cover, ma quelle di maggiore successo furono la psichedlica versione live più volte eseguita dai Quicksilver Messenger Service e quella in veste blues rock di George Thorogood.
Stavolta il canto d'amore si intreccia all'ironia, e quel che viene fuori è un ritratto di assurde imprese compiute dell'autore per conquistare una donna di nome Arlene, il tutto condito da un certo gusto per il macabro ed il magico.
“I walk 47 miles of barbed wire,
I use a cobra-snake for a necktie,
I got a brand new house on the roadside,
Made from rattlesnake hide,
I got a brand new chimney made on top,
Made out of a human skull,
Now come on take a walk with me, arlene,
And tell me, who do you love? ”
5) Mona (I Need You Baby) (1957)
Mona è uno dei brani di maggior successo di Bo, riesumato nel corso degli anni da band quali The Rolling Stones che la pubblicarono nel loro LP di debutto, e The Iguanas (band degli esordi di Iggy Pop) che ne fecero un singolo.
La formula è vincente, e rimane invariata. E' un ibrido RockNRoll/Blues d'effetto, in cui ad un sound elettrico si mischiano i richiami primitivi di cui abbiamo tanto discusso.
Inutile ripeterlo, questo è Bo Diddley.
Ancora una volta, come ipotizzabile dal titolo, ci troviamo di fronte ad una serenata RockNRoll, rivolta ad una certa Mona.
“Can you come out on the front?
Listen to my heart go bumpity-bump
Hey little baby, that's no lie
Without your love I will surely die.”
6) Road Runner (1960)
E' un incalzante Blues, in cui non mancano comunque sfumature RockNRoll. Il brano si svolge su un riff di chitarra sorretto dalle solite percussioni, su cui Bo Diddley canta un testo ironico ispirato a tratti dal famoso personaggio dei Looney Tunes Road Runner, conosciuto anche come Beep-Beep, suono onomatopeico pronunciato infatti dai coristi nella canzone di Bo.
Anche questo brano conta innumerevoli omaggi, soprattutto Live. Si sa che i Clash lo eseguivano spesso durante i soundcheck nel tour di London Calling, e tra le varie testimonianze in studio vi sono quella dei The Who e, ancora una volta, dei Rolling Stones.
Il testo, ancora una volta ironicamente autoreferenziale, vanta le qualità dell'inafferrabile “Road Runner” Bo Diddley.
“Well I’m a roadrunner, honey
I’m gonna keep ahead of you
Yeah I’m a roadrunner, honey
I’m gonna keep ahead of you
You’ll never gonna catch me baby
Doing the things that you do”
BONUS TRACK: Untitled Instrumental
Un traccia poco conosciuta che mi sento di consigliare, uno splendido brano strumentale dal sound caraibico, deliziosa testimonianza della capacità strumentale e compositiva di Bo Diddley.
LA COVER: Eric Clapton – Before You Accuse Me
Slowhand, il Dio del Blues bianco, rese omaggio all'amico ed idolo Bo Diddley, reinterpretando con squisita maestria, uno dei suoi brani blues più belli, ripreso anche dai Creedence Clearwater Revival in uno dei loro dischi più importanti, Cosmo's Factory.
La Before You Accuse Me di Clapton appare per la prima volta in veste elettrica nel suo disco Journeyman del 1989, e tre anni dopo, in un'altrettanto splendida versione acustica nel famoso live MTV Unplugged.
Godetevela.
CURIOSITA' :
#1: Lo avreste mai detto che Bo Diddley ha collaborato con un cantautore Italiano?
E bene, egli ha duettato nel brano “Here Comes Bo Diddley” con il nostro Edoardo Bennato.
Il pezzo, in cui Bennato utilizza una versione acustica del Bo Diddley Beat, appare nell'album “Il Paese dei Balocchi” del 1992.
#2: Bo Diddley ha avuto anche una fugace carriera da attore. Appare infatti nel famoso film “Una Poltrona per Due” di John Landis, con Eddie Murphy e Dan Aykroyd, quest'ultimo noto appassionato di musica Blues. Bo Interpreta il proprietario del monte dei pegni in cui si reca Dan Aykroyd per scambiare il proprio orologio con una pistola e qualche dollaro (Con tanto di Blues di sottofondo).
Cari Blowers, e con questa puntata dedicata ad un altro dei pilastri portanti del Rock, salutiamo RockRoots... ma tranquilli, ci rivedremo a Dicembre.
Nel frattempo, continuate a seguirci e non perdetevi le prossime uscite degli Editoriali di Blow Rock. In arrivo per voi tante sorprese e novità.