Agli inizi del ‘900 Albert Einstein  elaborò la teoria della relatività che dimostrò la possibile messa in discussione di qualunque teoria.
Tutto il mondo è relativo. In base agli occhi che lo guardano, in base alla posizione.
Il genio di Fabrizio De Andrè lo sapeva bene; e nel tempo delle rivoluzioni studentesche, delle ribellioni a squarciagola e delle lotte, scelse di scrivere di un argomento così apparentemente assurdo: la storia di Gesù Cristo.
Fabrizio l’anarchico, Fabrizio il dissidente, Fabrizio l’ateo, l’agnostico.
Proprio lui, a scriver di Cristo, sembrava il colmo.
Eppure, come per la teoria della relatività, basta sostituire la chiave di lettura per avere un risultato del tutto diverso da quello scontato.

“La Buona Novella” esce nel  1970 e regala al mondo della musica una visione nuova,  moderna e intelligente dei fatti narrati nelle Sacre Scritture, sicuramente la più laica di ogni tempo.
Una visione completamente ribaltata in cui tutto il trascendente  si rivela immanente, gli antieroi diventano eroi, le comparse si tramutano in protagonisti e viceversa.
I fatti narrati nei pezzi di questo concept album, ispirati ai Vangeli Apocrifi, sono addirittura antecedenti alla nascita di Gesù.
Dopo il “Laudate Dominum”  iniziale, il primo focus è sui personaggi di Maria e Giuseppe: niente Santi da Presepe, ma  rispettivamente una giovane adolescente in preda alle difficoltà di tutte le donne del tempo, e un vecchio falegname, rude lavoratore.
Immediatamente segue  “Il sogno di Maria”: è il momento di una Annunciazione estremamente sofferta, legato a quel successivo “Ave Maria” che sa più di consolazione al genere femminile che di preghiera .

Ma è con la sesta traccia, invece, che nell’ombra entra in scena Gesù.
Mai direttamente, mai in prima persona, mai da protagonista.
Il percorso temporale non parte dai fasti dell’infanzia ma vola direttamente al momento della crocefissione.
L’obiettivo non è mai concentrato sulla sua persona, ma su personaggi apparentemente di contorno:
il falegname della bottega che fabbrica con fatica le tre croci su cui Gesù e i due ladroni Tito e Dimaco moriranno( “Maria nella bottega del falegname”); i volti feroci, sgomenti  e indifferenti della folla che attornia Gesù lungo il tragitto della Via Crucis(“Via della Croce”); il dolore umano di Maria accanto a quello delle madri dei due ladroni in “Tre Madri”.
  
Proprio in quest’ultima canzone il verso storico:
-Non fossi stato figlio di Dio,  t’avrei ancora per figlio mio-
Probabile sintesi del senso dell’album: lo spogliarsi dal così lontano sentimento divino in favore di quello umano.
Il culmine del messaggio, però, lo si coglie nei due brani che chiudono il disco.
Il Testamento di Tito” completa il processo di ribaltamento compiuto da De Andrè offrendo voce, nel momento straziante dell’agonia , a Tito.
Non a Gesù, ma a Tito, uno dei due ladroni. Non al sacro, ma al profano.
Il quale reinterpreta i Dieci Comandamenti della fede cristiana in una versione alternativa,  estremamente laica e senza troppi peli sulla lingua.

Il contenuto de “Il Testamento di Tito” meriterebbe da solo un articolo, forse un libro.
Un testo incredibile da leggere con estrema attenzione.
Nulla di banale, tutto ricercato e pieno zeppo di significati che vanno oltre la libera fede di ogni libero uomo; parole su cui ogni essere umano dovrebbe confrontarsi prima dell’approccio all’esistenza, prima dell’esposizione al bastardo e ovvio -tuttiigiorni-.

L’album finisce con “Laudate Hominem”, che chiude il cerchio in antitesi con il “Laudate Dominum” d’apertura.
Lodate Gesù, Uomo Rivoluzionario del suo tempo. Non il Messia.
Lodate Gesù, spogliato da ogni caratura ultraterrena e vestito di umanità pura e ribelle.

-Non voglio pensarti figlio di Dio, ma figlio dell’uomo, fratello anche mio.-

La Premiata Forneria Marconi, da sempre legata con la propria musica all’opera di Fabrizio De Andrè, propose una moderna versione de “La Buona Novella” nel 2010, dal titolo, appunto “A.D. 2010 – La Buona Novella – Opera Apocrifa.”; con Franz Di Cioccio, storico batterista della band, alla voce.
Dopo aver assaporato l’originale di Faber, è consigliato vivamente  l’ascolto di questa versione Prog.
Giusto per gradire.

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