Esattamente il 20 febbraio di ventiquattro anni fa l’etichetta Blanco y Negro pubblicava “Green Mind”, ad oggi uno degli episodi meglio riusciti della discografia dei Dinosaur Jr. Peraltro la sua pubblicazione ricade in quella che da molti viene reputata come una delle più straordinarie annate rock: quella che vide, tra gli altri, “Nevermind” dei Nirvana, “Ten” dei Pearl Jam, “Screamadelica” dei Primal Scream, “Blood Sugar Sex Magik” dei Red Hot Chili Peppers, “Out Of Time” dei R.E.M. e “Achtung Baby” degli U2.

 “Green Mind” è il quarto album della discografia della band del Massachusetts ma, in pratica, può essere considerato come il primo di quella che nel ’91 fu intesa come la nuova era dei Dinosaur Jr: quella in cui J Mascis (chitarra e voce) aveva preso talmente le redini da costringere Low Barlow (basso) a lasciare la formazione (per mettere in piedi i Sebadoh) e Murph a fare il batterista comprimario, presenziando solo ai live e a qualche studio-session. E’ anche l’era in cui si chiudono i rapporti contrattuali con la SST Records ma anche –e soprattutto– degli eccessivi ‘assalti’ sonici, nel rispetto di un nuovo percorso intrapreso con una marcia diversa rispetto a lavori come i precedenti “You’re Living All Over Me” (1987) e “Bug” (1988).

 La copertina di “Green Mind” già la dice lunga sul nuovo atteggiamento dei rinnovati Dinosaur Jr: una bambina che fuma una sigaretta –ripresa dall’originale foto scattata nel ’69 da Joseph Szabo– è uno schiaffo alla morale statunitense e, probabilmente, anche un omaggio ai protagonisti della Beat Generation, movimento culturale noto per aver rifiutato le norme imposte dal ‘sistema’, per la sperimentazione delle droghe e per la sessualità alternativa nonché per un certo tipo d’innovazioni di stile. Innovazioni di stile ereditate da Mascis&Co., per i quali resta forte l’impatto chitarristico applicato non più considerando il punk e dintorni bensì il rock più classico, riveduto e corretto già dalle prime note di un album che i fans più sfegatati hanno ‘consumato’ negli anni.

 “Green Mind” si apre con “The Wagon”, brano già pubblicato per la Sub-Pop (vinile 7’’, 1990) in una differente versione e poi presente anche dal vivo su “1991: The Year Punk Broke” (documentario dedicato a band punk&alternative come Sonic Youth, Nirvana, Babes In Toyland e Ramones); a seguire, “Puke+Cry”, canzone retta dalla compattezza del ritmo di una chitarra acustica fatta coincidere, in “Blowing It”, con una chitarra distorta grazie ad un arpeggio caratterizzante ritmi tribali e ritornelli alquanto melodici. E’ quindi la volta dello stone-rock di “I Live For That Look” e delle semplicità melodiche di “Flying Cloud”. Preceduta da “How’d You Pin That One On Me”, arriva poi “Water”, eccellente per riff, tono di voce e scelta del ritornello; seguono “Muck” e “Thumb”, forse due delle tracce migliori dell’album che si chiude con la titletrack (altro stone-rock che sembra riassumere le precedenti nove tracce).

 Quest’album del ‘91 giunse dopo tre anni di silenzio discografico troncato dalla virulenza della ‘premiata ditta’ (centrifuga) di cui ancora oggi è titolare J Mascis e che all’epoca affermava, in taluna o talaltra intervista, di prediligere il rock standard suonato con la chitarra a manetta, col pomello del volume al massimo. In pratica, la ricetta che aveva portato i Dinosaur Jr a concepire un ‘goiellino’ come “Green Mind”.

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